ALBERTO PARMA

 

 

Alberto ci ha lasciato dopo aver combattuto contro il suo male questi ultimi anni.

 

Ho avuto il privilegio di  conoscerlo una sera tanti anni fa entrando al circolo di Monza in via Don Minzoni. Era da pochi mesi che io, giovane turista per caso dalla Svezia, frequentavo il circolo e conoscevo poco l’ambiente. Si è avvicinato a me e ha chiesto se avevo voglia di provare a fare qualche torneo con lui. Era un onore incredibile, sapevo chi era, il giocatore più forte del Circolo e all’epoca uno dei più bravi in Italia. Aveva vinto tanto ed era temuto e rispettato da tutti.

 

Aveva solo un difetto: un temperamento tremendo. Era molto esigente e quando il compagno, qualsiasi compagno, sbagliava, lo inveiva di insulti. Per questo motivo non aveva un partner fisso. Nessuno riusciva  a giocare con regolarità con lui.

Ero quindi molto timoroso ed esitante, ma capivo che era un’occasione unica e d’altronde cosa avevo da perdere?   Accettai la sua gentile offerta e mi consegnava alcuni fogli scritti a mano del suo “sistema”.  Il “sistema” era una specie di fiori forte con qualche convenzione.

 

Abbiamo giocato il primo torneo e siamo arrivati secondi. Mi ricordo che era stato correttissimo nei miei confronti e quando mi sono scusato per qualche mano sbagliata mi ha semplicemente detto “non è stasera, al primo tentativo  che dobbiamo vincere”. 

Purtroppo la nostra coppia ha avuto vita breve. Ai fogli scritti a mano si aggiungevano degli altri e io cercavo di  memorizzare tutto.  Già al secondo torneo cominciavo ad “assaggiare” il suo temperamento ed al terzo è esploso quando ho sbagliato un complicato passaggio di slam del “sistema” con un risultato catastrofico.  Per me era troppo e soprattutto non rientrava nel mio “dna” giocare con una tale tensione addosso. Gli dissi che preferivo non giocare più e rimase male. Era fatto così, diventava una belva ma a fine torneo era tutto passato e non capiva il mio atteggiamento.  Comunque le nostre strade si sono divise e tranne qualche rarissimo episodio, sarebbero passati oltre vent’anni prima che formavamo di nuovo coppia insieme.

 

Dicevo che non aveva un compagno fisso, ma quello con cui giocava con più frequenza era Antonio Canzi, altro fortissimo giocatore di Monza e scomparso ancora più prematuramente di Alberto. Innumerevoli i loro successi, a coppie e a squadre. Nel 1982, lo Sporting Club di Monza in collaborazione con il Circolo di Monza e la FIB, organizzava un prestigiosissimo torneo ad inviti tale “Monza Bridge Stars Cup” Era un torneo ad inviti, come il famoso “Sunday Times” che aveva smesso di organizzarlo per problemi finanziari. Era fortemente voluto dal vicepresidente Spotorno che agiva come sponsor (Fiat) oltre a Canale 5. L’organizzazione era perfetta e l’ospitalità straordinaria. Ogni coppia incontrava tutte le altre su 8 mani, durante tre giorni di gara.

I nomi dei 28 giocatori invitati erano tra i più blasonati d’Europa, p.es. Jean Besse (vincitore con Catzeflis), Klukowski-Jezioro (Polonia), Meinl-Berger (Austria) Damiani-Perron (Francia), Omar Sharif con Abecassis. E cosa dire degli italiani?  Tra gli altri c’erano:  De Falco – Arturo Franco, Denna-Lauria, Vivaldi-Duboin, e anche… Parma-Canzi.  Mi ricordo che più di uno scettico aveva commentato “si, sono bravi i Monzesi, ma invitarli a un torneo di questo prestigio” ?  L’inizio sembrava dare ragione ai detrattori, Parma-Canzi sono partiti malissimo, ma a circa due terzi di gara si erano riportati a metà classifica e alla fine sono arrivati terzi, con i complimenti di tutti.

 

Ad Alberto non piacevano molto le trasferte fuori casa. Preferiva giocare il torneo al circolo, spesso la partita libera, qualche torneo a Milano e al massimo i tornei Mitchell annuali in Lombardia. Andava raramente a Salsomaggiore a fare le squadre e solo dopo insistenze.

 

Nel 1992 ha fatto un eccezione per giocare, sempre con Canzi , in Coppa Italia con Soroldoni-Caiti e Puricelli-Pattacini. E’ stato un trionfo! Lascio la parola a Massimo:

 

“Arrivammo alla finale a 16 squadre a Salso con un cammino brillante. Al primo incontro (giovedì) l'avversario era Roma Santolini, io ero a Parigi per lavoro e sono giunto a Salso la sera a incontro concluso, con larga vittoria (giocavano Canzi-Parma e Caiti-Pattacini). Al secondo incontro l'avversario era Lavazza (Bocchi-Duboin e Ferraro-Comella): non c'è stata lotta.

Al terzo incontro avevamo una squadra (non ricordo il nome) composta da Buratti-Lanzarotti e Pietri-Di Maio. Questo è stato l'incontro più duro, perché alla fine (gli incontri erano prima di 32 mani e poi di 48)

abbiamo vinto di 4 o 5 IMP, dopo aver rischiato mille volte di perdere.
Dopo questa vittoria, abbiamo riposato, attendendo per la domenica la superstite dei recuperi e ovviamente ci è capitata una squadretta: Burgay-De Falco e Lauria-Versace!!!!

Ti dico che non c'è stata lotta in nessuno dei 3 tempi. Abbiamo vinto così largamente che Lauria non voleva neanche giocare il 3° tempo, ma Burgay si è opposto e l'ha voluto giocare lo stesso, perdendo ancora una

manciata di IMP.
Alberto e Antonio (che brutto pensare che ambedue adesso non ci sono più) hanno giocato con assoluta regolarità il loro bridge "liscione", con poche convenzioni e tanto buon senso; in più, nel gioco col morto e nel controgioco non avevano da imparare niente da nessuno e sono stati una vera macchina da guerra.”

 

Era uno dei più brillanti giocatori che abbia mai conosciuto. Era uno di quei pochissimi bridgisti che dopo pochi secondi che era sceso il morto, leggeva la mano e sapeva cosa sarebbe successo. Aveva una visione di gioco incredibile. Era fortissimo con il gioco col morto e nel gioco in difesa. La licità era invece più “alla buona”, dichiarava sostanzialmente quello che credeva fosse il contratto giusto (e di solito indovinava). Era leggermente conservatore. Non “tirava” tanto ma aveva la sana abitudine di segnare il più possibile sulla propria colonna.

 

All’inizio del nuovo secolo cominciavamo di nuovo a fare qualche torneo insieme. Così, nel 2001, contribuì ancora un’altra volta a portare una squadra Monzese sul podio in Coppa Italia. La squadra del terzo posto era composta da: Croci-Soroldoni e Zaccaria-Johansson-PARMA.

 

In quegli anni mi ricordo che partendo un giorno in Agosto per il mare in Toscana, gli telefonai per augurargli buone vacanze e per dirgli che sarei passato vicino da lui. Le estati le passava sempre con la famiglia nella loro casa a Berceto e io facevo l’autostrada della Cisa.

Ha chiesto di uscire dall’autostrada per andarlo a trovare e per mangiare un boccone. Ho accettato l’invito, ma ho detto che dovevamo ripartire “poco dopo”.  Alla bella casa a Berceto c’era una folta compagnia di famigliari ed amici. Eravamo una ventina e hanno aggiunto due posti a tavola per mia moglie e me. Abbiamo passato un piacevolissimo pomeriggio insieme e ho avuto modo di apprezzare altri aspetti di Alberto quel giorno, premuroso e caloroso. Siamo ripartiti in prima serata dopo tante ore (e tante grappe).

 

Con l’età, e forse anche a causa del male che lo aveva afflitto, si era molto calmato. Si, certo, ogni tanto lo stizzo di ira spuntava, aveva innumerevoli motivi a causa dei miei errori e per qualche mia “invenzione” non andata a buon fine, ma rientravano subito e a fine torneo era tutto, e sempre, a posto.  Due battute (in dialetto) e via.

 

 Non era un compagno “facile” perché spesso seguiva la sua intuizione e non sapevi sempre cosa aveva in mano. Giocavo molto bene (e veloce) con il morto ma la soddisfazione maggiore giocando con Alberto, era di giocare in difesa. Con lui riuscivamo a mettere in piedi dei controgiochi che non sono mai riuscito a fare con altri compagni. Capivamo perfettamente, anche in situazioni anomale, cosa  intendeva il compagno giocando in una certa maniera. Quante volte riuscivamo a fare non solo una, ma due prese in più del resto della sala.

 

Aveva una fortissima voglia di vincere, sempre, e si arrabbiava molto quando non ci riusciva. Malgrado dovevamo spesso “scontare”  un paio di zeri ogni torneo per incomprensioni dichiarative, riuscivamo spesso a piazzarci bene. Con Alberto era facile. Ancora all’inizio dell’anno scorso nei primi sei tornei insieme, ci siamo piazzati 2-1-3-1-1-1, e il più contento credo fosse lui, sempre voglioso di dare il massimo nel gioco che amava.

 

Man mano che la sua malattia si aggravava veniva con minor frequenza al circolo. Ci sentivamo per telefono e sempre più spesso mi diceva che aveva voglia ma che non si sentiva forte abbastanza. Comunque, “appena possibile avremmo giocato”…. 

Ammiravo la sua forza d’animo e ottimismo. Mai un lamento, mai un segno di scoraggiamento. Non mostrava un minimo segno di depressione. Quando veniva al circolo per fare il torneo, l’importante era giocare al meglio e vincere!

 

Si è spento Giovedì 8 Giugno e ci mancherà.  Addio Alberto, da tutti noi!

 

Jan